sabato, maggio 24, 2008

Una giornata normale, una persona normale, una convinzione che mi lascia perplesso

Una giornata normale, una persona normale, quattro chiacchiere tra due amici.
Due disgraziati nel senso di non essere nelle grazie della fortuna, finanziariamente intendo.
Gli argomenti rientrano nell'ambito della politica come gestione della vita pubblica.
Si parla di crisi petrolifera, della comunicazione istituzionale in casi di crisi generale, si arriva all'ultimo spauracchio mediatico: IL PROBLEMA ROM.
Da qui si approfondisce il concetto di costruzione del nemico in una guerra, quella tra poveri che è in atto da anni in Italia e nel mondo.
Parlando di nemici si parla del penultimo nemico: gli stranieri poveri, in gergo "Gli extracomunitari", di cultura islamica.
Nel frattempo viene ripetuta l'accusa di condiscendenza e di visione unilaterale a riguardo del problema degli stranieri poveri, in gergo "Gli extracomunitari", di cultura islamica.
Si è arrivati a parlare di cittadinanza, di rappresentanza e di banalità legate all'argomento secondario della vita quotidiana di un cittadino in una nazione; da banalità fino a nazione la frase va letta cercando di cogliere l'ironia.
Ho proposto la strada seguita dagli Stati Uniti d'America della concessione della cittadinanza come strumento per legare una persona al paese in cui vive, paese che diventa la propria nazione dopo essere stata un'ospite, cortese quanto si vuole ma sempre in diritto di buttarti fuori di casa.
La persona amica ha espresso una convinzione basata su dati parziali: i paesi a composizione multietnica, multirazziale secondo questa persona, sono più violenti degli altri. Ha ovviamente, leggi in modo ironico, fatto l'esempio della Svizzera.
Proseguendo è stata espressa con chiarezza la convinzione della persona amica: una persona bisnipote di un individuo non italiano, una persona nipote di un individuo nato in Italia, figlio di un individuo nato in Italia, una persona senza alcun legame culturale o linguistico con la cultura o la terra del bisavolo, una persona che si sente italiano non ha diritto di avere la cittadinanza.
Questo perché la cittadinanza non va regalata, questa persona deve lavorare in Italia, pagare le tasse in Italia ma non può aspirare a decidere niente sul paese in cui è nato, vive, lavora e morirà.
Il caso del bisnipote è un esempio estremo; eravamo partiti dal caso di amici di mio figlio, maggiorenni quest'anno, che aspirano a chiedere la cittadinanza.
Sono riuscito a capire la ritrosia e la paura in questi casi dove mancava un radicamento generazionale.
Ho portato l'esempio del bisnipote per capire fino a che punto arrivasse la ritrosia e la paura.
Sono rimasto sconcertato. In più la persona amica sosteneva specularmente che il bisnipote di un italiano emigrato in Argentina, bisnipote che aveva nonno e padre nati in Argentina, bisnipote che non aveva la minima conoscenza dell'Italia e della lingua italiana, tiriamo il fiato e ripartiamo, questo bisnipote insomma è un italiano a tutti gli effetti.
Non ho smesso di essere amico con la persona amica ma sono rimasto sconcertato dalla scoperta che questa persona sia spaventata a morte da cose che non capisce perché non vuole capire.
L'ultima affermazione sui politici che promettono la cittadinanza agli stranieri per puri fini elettorali riduce la speranza di costruire un'unità nazionale tra cittadini.
Per cittadini intendo persone che vivono in un paese, per quel paese, indipendentemente dalla loro origine più o meno remota.
Ho riportato tutto questo per ricordarmi di uno dei punti più bassi della mia vita sociale e per aggiungere un altro esempio di chiusura verso gli altri.
Non c'è condanna, solo una constatazione.
Forse un giorno anch'io la penserò così: spero di morire prima.

domenica, maggio 18, 2008

Il rossobrunismo, gli opposti estremismi e quelli che non vogliono capire

Miguel Martinez critica in questo post un un'opinione di Dacia Valent che risponde qui.
Sono in accordo con entrambi e questo è grave.
Per me significa che sono rimasto alla fase interpretativa della deriva autoritaria e xenofoba e che non ho idea di cosa fare.
Per adesso mi limito a contenere la deriva delle persone intelligenti verso punti di vista emotivi.
L'altro giorno, parlando con una persona amica, ho dovuto ricordare a questa quale fosse il nostro dovere di fronte alla strumentalizzazione in senso xenofobo dei fatti: non cedere mai all'emotività, non farci ingannare da rappresentazioni fallaci, intenzionali o meno che siano, unire le forze per fornire una interpretazione razionale e oggettiva dei soprascritti fatti.
E' stato difficile farmi capire e stavo parlando con una persona sensibile, che non spreca la sua intelligenza e che non si nasconde.
Adesso chiedo sia a Miguel e a Dacia se possono fornirmi degli spunti per risolvere il mio dilemma.
Vi chiedo: dopo aver fatto fronte comune, in nome della solidarietà, contro l'ignoranza, l'egoismo, l'istinto predatorio, l'imperialismo, il totalitarismo, le dittature, in nome di cosa riusciremo a far convivere diversi modi di pensare?

venerdì, agosto 25, 2006

Un commento da una persona che non rivedremo piu' qui

alfaomega60 e' cosi' gentile da comunicarci, con un giro di parole, che non verra' piu' a rompere le scatole qui; il primo giro perlustrativo non gli e' probabilmente piaciuto ed egli non e' piaciuto a me.

alfaomega60 e' stato abbastanza compulsivo da inserire, il 24 agosto 2006, un commento in un post del 18 luglio 2006.

Io sono abbastanza buono da scrivere questo post per non scordarmi da qui all'eternita' il suo commento e per garantirgli una notorieta' duratura.

alfaomega60 e' un commentatore fisso del piccolo blog di Manuela Scebba.
Conosco di persona Manuela, e' una cliente della libreria in cui lavoro, e meriterebbe un critico piu' educato e delle critiche piu' strutturate.

Anch'io merito dei commentatori piu' educati; cosi' si spiega l'insensato inizio del post.

Un avviso, alfaomega60: non perdere tempo a inviare una risposta, i commenti sono moderati e appena vedro' un riferimento a te, di indirizzo, di stile, di IP, cancellero' la mail.

Stefano Calzetti

martedì, agosto 22, 2006

Quando e' che posso perdere la pazienza con i miei clienti?

Sono in fase di saturazione con i miei clienti, qui in libreria.
Oggi, per la quarta volta in sei mesi, lo stesso cliente mi ha chiesto un libro inesistente; stavolta ha chiesto il Libro di Eibon
Il libro appartiene agli pseudobiblia creati sulla base dei romanzi di Lovecraft e Bloch.
Ricordo la prima volta, come da manuale ha chiesto il Necronomicon.
Gia' allora ho fornito la spiegazione sul concetto di pseudobiblia, sui libri spin-off derivati dalle opere di Lovecraft, sugli editori che sfruttano le credenze degli appassionati.
Niente da fare; devo dire che gia' alla seconda volta avevo avuto qualche dubbio sull'efficacia delle mie parole.
Oggi ho scoperto di essere addirittura importuno e di aver osato mettere in dubbio verita' millenarie.
Pensare che oggi ho perfino fatto l'esempio del Libro di Toth e dei tarocchi, pericolosi strumenti usati per indebolire la Chiesa Cattolica e da essa osteggiati e, nonostante questo, ancora liberamente disponibili. Ho fatto questo esempio quando il mio amato cliente mi ha detto che il Necronomicon era stato fatto scomparire dalla Chiesa.
Tutto inutile.

Che ne dite? Ci rinuncio?

Stefano Calzetti

sabato, agosto 12, 2006

Trascrizione di un commento sul blog di Miguel Martinez

Per non perderne traccia trascrivo integralmente un commento che ho lasciato sul blog di Miguel Martinez.
Indico il permalink del post che avevo commentato.
Ho riportato il commento senza rielaborarlo perche' ritengo piu' utile leggere tutta la sequenza di commenti e, in generale, tutto il blog di Miguel e il suo sito. Spero che siate curiosi, indifferentemente dalle vostre idee.
Il link e' Il Volto di Qana (XXXV e fine)

Il mio commento di seguito:

Upuaut, il fascismo non intaccava il normale modo di vivere.
I resoconti dei miei genitori, nati nel 1920 e nel 1925, e di tutta la mia famiglia, sono esplicativi.
Il problema era la poverta'.
Il fascismo e' noto per la sua prosopopea ma molti poveri lo vedevano come un mezzo per elevarsi, per rendere grande l'Italia.
Questo funzionava attraverso l'illusione di far parte di una grande disegno, ognuno nel suo ruolo, ridicolo ma pur sempre un ruolo.
Questo non e' poco considerando la situazione dell'epoca.
Da quei racconti ho sviluppato la convinzione che la democrazia, nell'accezione moderna e nell'accezione piu' nobile, sia una forma di governo per nazioni colte, stabili, culturalmente equilibrate.
Cosa che l'Italia non era ne' nel 1922 ne' 1939.
Il fascismo avrebbe potuto avere ancora seguito e successo.
Fu affossato da uomini incapaci di gestire quello che era stato loro consegnato, controvoglia e fuori da ogni logica democratica.
Considerazione OT Chi vuole trovare un parallelismo di incapacita' con l'esperienza del governo Berlusconi e' in mia compagnia. E' piu' grave e disonorevole che una tale massa di incapaci abbia governato per scelta democratica ma questo e' un altro discorso.
Fine considerazione OT
Insomma, gli stupidi si rovinano sempre da soli.
Dall'altra parte la massa dei governati, durante il ventennio, non era in grado di vedere i vantaggi e gli svantaggi di una forma di governo alternativo.
Questo succedeva per ignoranza, per neghittosita', per comodo.
Solo di fronte alla guerra ci fu una reazione, altro che soffocamento delle opinioni interne.
Quelle che c'erano non sarebbero comunque state in grado di modificare nel breve periodo la situazione politica.
Molte persone trovano queste mie opinioni denigratorie nei confronti degli italiani; non e' mia intenzione, ho semplicemente sentito molti racconti sulla fame e sull'ignoranza.

La degenerazione del regime fascista, la ricerca di una identita' ariana "all'amatriciana" deriva da quella incapacita' di cui si parlava prima, dalla necessita' di alzare la posta.
Anche qui vedo un parallelismo contemporaneo con l'atteggiamento sempre piu' della dirigenza leghista piu' retriva, con il distacco di una buona parte della base stanca di farneticazioni.

La tolleranza degli stati europei verso il fascismo derivava forse dalla scarsa volonta' di aprire un fronte ulteriore.
Gia' la Germania di Hitler dava preoccupazioni qualitativamente e quantitativamente piu' gravi, sottaciute ma presenti.
Inoltre non ho mai ritenuto la Gran Bretagna e la Francia ante seconda guerra mondiale degli esempi compiuti di democrazia e rispetto, intenzionati a dar lezioni a chiunque.
Intenzionati a difendere i propri interessi si' ma niente altro.

Miguel, visto che Ritvan e' in ferie sembra che abbia preso il suo posto nel darti sulla voce.
Al di la' degli scherzi: leggere te e leggere Blondet e' completamente diverso da un punto di vista qualitativo: a tuo vantaggio.
Io sono disturbato da chi e' ossessivo, come ha scritto Franz.
La tua elaborazione della teoria del dominio e' fornisce una rappresentazione molto piu' corretta dell'attuale situazione geopolitica.
Questo senza dover ricorrere a espressioni che mi sembrano utili solo a gratificare chi le scrive.
By the way, tu Miguel sei molto, molto piu' incisivo ed efficiente di Blondet nonostante il tuo lavoro principale.
Invece non sono d'accordo sulle implicazioni generali della tua risposta a me: molte teorie enunciate da paranoici estremi hanno una logica inattaccabile pur partendo da premesse false.
Puntualizzo che qui non sto dando un giudizio sulla teoria di Blondet; sto facendo un discorso piu' generale.

Franz, il leit motiv degli "ebrei" nei posti di comando puo' sembrare antisemita a chi si indispone di fronte a qualsiasi critica. C'e' un motivo storico per la presenza di persone di origine ebraica nei ruoli di comando dell'economia.
Questa presenza non implica necessariamente un sostegno a Israele. L'identita' ebraica, anche se dimenticata o non piu' sentita, puo' essere usata come elemento rafforzativo a un progetto di carattere economico piu' generale.
Torniamo qui al discorso del dominio e dei suoi fautori accomunati dal fine di raggiungere il potere, dall'appartenenza all'oligarchia dei dominanti come elemento identitario.

Vi dico una cosa: se esistesse la macchina del tempo la userei per un fine personale.
Vorrei solo vedere dieci-quindici anni nel futuro per vedere come verra' gestito l'ingresso a pieno titolo della Cina o dell'India, o di tutti i due gli stati, nel gruppo delle potenze economiche.

Stefano Calzetti